top of page
Cerca
  • Giacomo Ercolani

Le due facce della nostalgia

Quanto spesso capita che una canzone, una persona o un luogo ci riportino alla mente memorie lontane? Parte la canzone alla radio ed immediatamente siamo nel cortile della nostra scuola, scherzando con i nostri amici, discutendo di quel film appena uscito di cui tutti parlano e volgendo lo sguardo di sottecchi, in un eccitante gioco di intenzioni sussurrate e di non detti, a quella persona che ci fa battere il cuore in modo così travolgente. Subito la scena si arricchisce di colori e sfumature che pensavamo di non ricordare, di non riuscire più a vedere.

C’è chi direbbe che questa è la nostalgia bella, quella buona, quella che ti fa star bene, che ti apre la mente e ti inonda il cuore di una tenera e calda leggerezza. Poi, piano piano, l’energia si affievolisce, le fessure della mente lasciano passare un raggio vespertino, la finestra della reminiscenza si accosta per poi chiudersi gentilmente, suggellata da un sorriso disteso sul nostro volto.

C’è poi chi in quel ricordo ci rimane, non vuole chiudere, pretende che quelle emozioni, quelle giornate e quelle persone siano ancora, siano ora. Sempre. E la luce marmorea e prepotente di oggi serra violentemente le ante del ricordo. Non ora, non più.




La parola nostalgia deriva dal greco antico e si compone di due partole: “nostos”, ovvero il ritorno a casa, al proprio paese e “algos”, dolore. Secondo Svetlana Boym, che è stata docente di letteratura presso la Faculty of Arts and Sciences di Harvard, esistono due tipologie distinte di nostalagia, quella riparativa e quella riflessiva. Secondo la studiosa, la differenza non è tanto nei contenuti dei nostri ricordi, che possono essere più o meno positivi, quanto piuttosto nell’atteggiamento che abbiamo nei confronti del nostro passato.

La nostalgia riparativa si avverte quando facciamo fatica ad accettare che il passato sia andato e che non si può tornare indietro. Vorremmo poter rivivere ancora quelle esperienze, riavere con noi quelle persone e tutto ciò apre le porte ad un ventaglio di emozioni che rifletterà i significati che nel passato abbiamo lasciato. Tristezza, rabbia, sconforto o paura per ciò che viviamo quotidianamente e che appare così estraneo e lontano da quel rifugio rassicurante che custodiamo nella nostra mente (nostos).

Diversamente, la nostalgia riflessiva è quella piacevole sensazione che avvertiamo quando, ben accettando l’irreversibilità di ciò che è stato, rievochiamo il passato per godere delle emozioni che esso suscita. Anche qui si avverte la discrepanza tra ciò che eravamo o che avevamo e ciò che siamo ed abbiamo ma in questa discordanza c’è uno spazio riflessivo piacevole, che ci attiva e ci stimola. È uno spazio creativo nel quale esploriamo noi stessi, ci comprendiamo e diamo continuità al nostro Sé.

Di seguito un estratto dal romanzo “La luna e i falò” di Cesare Pavese, un poeta che ha fatto del legame con la propria terra di origine uno dei temi centrali della sua opera: “Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c'è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”. Sempre il poeta sulla nostalgia scriveva: “Si chiama nostalgia, e serve a ricordarci che per fortuna, siamo anche fragili”.

689 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page